Il successo della pagine lette ad alta voce

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di Alessandro Zaccuri*

Per qualcuno è stata una conferma, per altri una scoperta, per tutti una festa. O forse un happening, come si sarebbe detto una volta: la scaletta c’è, l’orario di inizio è stato fissato con apprezzabile esattezza, ma si sa già che la conclusione arriverà a tempo debito, molto dopo il termine prefissato. Senza che nessuno se ne lamenti, del resto, perché ci si abitua presto a farsi cullare dalle parole di poeti e filosofi, teologi e romanzieri.

Non capita spesso di ascoltare tanta bellezza. Non capita spesso, più che altro, di essere chiamati a darle voce. È stato un piccolo azzardo assai ben riuscito, quello di “I giusti continuano a leggere”. Ed è stato, non a caso, uno degli eventi che più hanno suscitato interesse fra i molti, moltissimi in programma nell’edizione 2018 di BookCity Milano.

Lo si può considerare un successo del passaparola, come non di rado accade quando ci sono di mezzo i libri: in Cattolica ci sono cento ragazze e ragazzi che leggono a voce alta, lo sapevi? Tre giorni fra i chiostri di largo Gemelli e gli spazi della libreria Vita e Pensiero, e poi il gran finale al Teatro Parenti, in una domenica illuminata dalla sapienza letteraria di Alberto Manguel e dall’interpretazione elegante di Lino Guanciale, al quale spetta il ruolo di centunesimo lettore. Grazie a lui brillano i testi di Jorge Luis Borges: La biblioteca di Babele, il racconto dei racconti, e quella poesia, I giusti, nella quale ci si rallegra che esistano persone alle quali piace Stevenson.

Anche quella provvisoriamente allestita dagli universitari è una biblioteca babelica, eclettica e parlante, dove si può trovare di tutto: Nabokov e Boezio, i padri della Chiesa e i maestri del feuilleton, capolavori irrinunciabili e classici quasi segreti. Il più delle volte ragazze e ragazzi si sono preparati con cura, come dimostrano i segni adoperati per indicare accenti, pause o cambi di inflessione. Ma si può anche essere costretti a un rimpiazzo dell’ultimo minuto, magari per leggere i versi un po’ impervi del grande Clemente Rebora. Non ci si perde d’animo, in ogni caso.

Ci si presenta declinando nome e cognome e indicando il corso di laurea frequentato. Per qualche strano motivo, le matricole sono le più ansiose di dichiarare “primo anno”. Dopo un po’, diventa un gioco: primo anno, ma della magistrale, terzo della triennale, secondo del master. Le combinazioni sono infinite, nel più coerente stile borgesiano.

Laureandi di letteratura italiana che ritrovano il loro autore preferito, giuristi che tornano ai classici, economisti che si ripromettono di leggere per intero il romanzo di cui hanno intravisto un frammento.

Vengono a sentirli in tanti, questi giusti di vent’anni o poco più. Perché sono giovani, perché leggono bene, perché la speranza bisogna pur cercarla da qualche parte, in anfratti imprevisti, nella piega di una pagina che, all’improvviso, fa spazio alla vita.

*giornalista e scrittore, ha condotto nel 2018 la prima edizione “I giusti continuano a leggere”.