La terza vita del buon lettore

Mio caro Lettore,

quando ero molto giovane, pensavo che la formula ‘buon lettore’ definisse qualcuno in grado di leggere tutti i libri che riempivano due piccoli scaffali sul retro di un edificio scolastico di due stanze. Quando incominciai a studiare in luoghi dove i libri erano così tanti che riempivano vari edifici della biblioteca, anche i sotterranei, pensai che ‘buon lettore’ dovesse significare leggerne il maggior numero possibile e appropriarsi della conoscenza che contenevano. Quando ero una giovane insegnante in un luogo dal quale gli insegnanti se n’erano andati da un pezzo, il mio solo pensiero era che, se non fossi riuscita ad aiutare i bambini a diventare ‘buoni lettori’, non sarebbero mai usciti dai confini delle vite schiavizzate dei loro genitori. Quando diventai ricercatrice, m’irritavano gli studi che mettevano a confronto ‘buoni lettori’ e bambini dislessici, i quali s’impegnavano quasi più di chiunque altro per comprendere un testo. Infine, quando studiavo ciò che fa il cervello quando estrae i significati delle parole, imparai che, ogni volta che ci avessi pensato, si sarebbero attivati tutti i significati che possedevo per ‘buon lettore’.

Ho aggiunto un nuovo significato. Aristotele ha scritto nell’Etica Nicomachea che una buona società ha tre vite: la vita della conoscenza e della produttività; quella di svago, secondo l’interpretazione speciale dei Greci del concetto di ozio; e, infine, la vita della contemplazione. Anche il ‘buon lettore’ ha tre vite. La prima vita è quella in cui raccoglie informazioni e acquisisce conoscenza. Noi siamo immersi in questo tipo di vita.
Nella seconda vita si trovano in abbondanza le varie forme d’intrattenimento della lettura: la distrazione assoluta dalla realtà e il puro piacere di immergersi nei racconti della vita degli altri o in resoconti su misteriosi pianeti extrasolari appena scoperti o ancora in poesie che ci tolgono il respiro. Possiamo scegliere di evadere nei romanzi d’amore, entrare nei mondi meticolosamente ricreati dei romanzi di Kazuo Ishiguro, Abraham Verghese o Elena Ferrante, esercitare il nostro ingegno nei misteri di John Irving o nelle biografie dei santi di G.K. Chesterton o di quelle dei presidenti di Doris Kearns Goodwin; scoprire il viaggio epico e genetico della nostra specie con Siddhartha Mukherjee o Yuval Noah Harari: leggiamo per prendere quest’economico mezzo di trasporto che ci porta via dalla nostra frenetica vita di ogni giorno.
La terza vita del buon lettore è l’apice della lettura e il capolinea delle altre due vite: la vita di riflessione in cui – quale che sia il genere che stiamo leggendo – entriamo in un regno personale e totalmente invisibile, il nostro «ancoraggio privato», dove possiamo contemplare ogni tipo di esistenza umana e riflettere su un universo i cui veri misteri fanno sembrare minuscoli quelli della nostra immaginazione. […]

Calvino ha usato l’espressione latina Festina lente, ‘affrettati lentamente’, per sottolineare la necessità dello scrittore di rallentare il tempo. Io la uso qui per aiutarti a sperimentare la terza vita in modo più consapevole: sapere come rallentare lo sguardo e consentire ai tuoi pensieri di sedimentarsi preparandosi a ciò che segue.
Affrettarti lentamente ti libererà dal modo impoverito di leggere che gran parte di noi ora utilizza: velocemente se puoi, lentamente se devi. Possedere pazienza cognitiva significa recuperare un ritmo del tempo che consenta di impiegare consapevolezza e intenzione. Puoi leggere velocemente (festina) finché sei consapevole (lente) dei pensieri da comprendere, della bellezza da apprezzare, delle domande da ricordare e – se sei fortunato – delle intuizioni da dipanare.
Da questa prospettiva, festina lente ci offre due metafore per tutti i pensieri di questo libro sui cambiamenti avvenuti nella lettura. A livello generale, ci orienta verso il modo in cui ci potremmo muovere nella transizione a una cultura digitale: affrettiamoci a incontrare quel futuro, ma esaminiamolo lentamente con i migliori pensieri al nostro fianco. A livello particolare, è una metafora per l’intero arco del circuito di lettura del buon lettore: decodifichiamo automaticamente finché la percezione si trasforma in concetti, e a quel punto il tempo viene consapevolmente rallentato e tutto il nostro essere è impregnato dalla cascata mentale di pensieri e sensazioni. Possiamo affrettarci a entrare in questo luogo interiore, ma cerchiamo d’imparare nuovamente come fermarci, come calmare la nostra vita e decidere noi quando è il momento di lasciare quella casa del sé.

Sono stata molto parsimoniosa nell’uso della parola sé. Ma ora arriviamo al nucleo della terza vita di lettura, la casa dove sia il sé sia, forse, l’anima si trovano fianco a fianco, e dove possiamo guardarci intorno in modo più consapevole attraverso la lente dei pensieri degli altri. Pochi tentativi di raffigurare l’invisibile habitat del sé interiore del lettore valgono quanto la descrizione che Virginia Woolf fa di Mrs. Ramsay nel romanzo Gita al faro. Mentre legge poesie di Shakespeare, Mrs. Ramsay incomincia a collegare alla propria vita e alla vita della propria famiglia le intuizioni suscitatele da quei sonetti. Tutto il suo essere è inondato di nuova comprensione e di gioia, mentre il marito sta a guardare con quella peculiare condiscendenza che è la tipica conseguenza dell’aver dato per scontata la persona amata e che rende ignari del vortice di pensieri ed emozioni in cui l’altro è entrato inosservato. Per quelli di voi che, come Mrs. Ramsay, conoscono il luogo in cui si entra quando ci si lascia alle spalle la superficie del sé e si viene liberati dal tempo, c’è una gioia sospesa che ha pochi paragoni. Una simile gioia non è un evento casuale raggiunto per una fortunata coincidenza o grazie a un temperamento propenso alla felicità; piuttosto, è la prerogativa di pensieri ed emozioni duramente conquistati dalla persona che trova spazio e tempo per accoglierla. […]

Questo è il «momento cardine» della nostra generazione: il tempo in cui decidiamo di misurare il vero valore delle nostre vite. Se a questo crocevia culturale e cognitivo agiremo con saggezza, io credo – in modo simile a ciò che Charles Darwin sperava per il futuro della nostra specie – che sapremo forgiare circuiti cerebrali della lettura sempre più elaborati in grado di creare «infinite forme estremamente belle e meravigliose».

Festina lente, caro e buon Lettore. Vieni a casa.
Che Dio ti accompagni,
Maryanne

brano tratto da Lettore vieni a casa di Maryanne Wolf